15 Ott Gasparina35, Stanza 4 – Il servizio di assistenza domiciliare integrata
La scena di un romanzo meraviglioso, “Canto della pianura” di Kent Haruf , ci ha portato nel territorio della cura e dell’incontro con il mondo dell’altro. Cosa vuol dire andare da qualcuno che non aspetta più nulla e farsi delicatamente spazio, tra le pieghe della sofferenza? Come si entra in casa di qualcuno? Come ci si misura con il dolore degli altri, come ci si aiuta tra colleghe? Le infermiere dell’assistenza domiciliare ci hanno aperto il loro ricchissimo mondo.
C’è chi lavora in un ufficio, chi lavora in fabbrica,
in un ambulatorio…
Anche io ho lavorato in un ospedale e anche in una
casa di riposo.
E’ normale, io sono un’infermiera!
E dove lavoro?
Io vado nelle case, in tante case, a orari e giorni
fissi… se c’è una punturina da fare arrivo io!
La vedi la mia macchina?
Ecco, tu vedi una macchina e non lo sai che quella non
è una macchina, o almeno non solo!
Dentro la mia macchina io lavoro e penso: dai, tieni le
chiavi, entraci e guardati in giro: visto?
Siringhe, bende, alcool per le medicazioni, sì sì
quello è per provare la pressione… si chiama
sfigmomanometro!
Poi ci sono l’agenda, il carica batterie del telefono
che non posso restare senza, ci sono le urgenze dei
pazienti e le mie: a volte tra una casa e l’altra chiamo
una collega e ci sfoghiamo un po’
Perché in mezzo a tutta quella roba, nella mia
macchina, ci sono cose che non si vedono:
sono le preoccupazioni, i volti e le storie delle
persone che vado a trovare.
Prima di me in quelle case è arrivato il dolore, ma io
non posso entrare come ha fatto lui con la forza:
altrimenti quando ti vedono sembra che sei come lui,
che gli ricordi la malattia.
Invece no: tu sei lì per ricordargli la cura, per dare
consigli, si entra in punta di piedi!
Prima di bussare a quelle porte faccio i conti col
tempo: quando piove sono più lenta tra una casa e
l’altra, non ti dico con la neve che faticaccia!
Comunque non è finita: spesso ad accogliermi trovo un
cane, e poi i parenti che ci aspettano perché fanno
fatica con il dolore in casa e magari c’è anche il caffè
che ti offrono e tu offri ascolto.
Io quando lavoravo in ospedale ero una infermiera,
in quelle case io sono diventata l’infermiera.
L’infermiera del signor Gino, di Maria Grazia,
dei fratelli di Martinengo.
E la macchina? La macchina è dove penso a cosa è
appena successo, a cosa sarà tra poco: un’altra casa,
altri volti e non è mai la stessa storia!
Se questo brano ti è piaciuto, leggi anche gli altri capitoli del nostro libro GASPARINA 35.