Libera-mente: pensieri liberi dal Centro Diurno nel carcere di Bergamo

Libera-mente: pensieri liberi dal Centro Diurno nel carcere di Bergamo

Solitudine, rabbia, emarginazione, ritiro sociale, sfiducia in sé stessi, negli altri e nelle istituzioni. Questi sono solo alcuni concetti che mi “giravano per la testa” prima di iniziare questa nuova esperienza.

Negli anni di lavoro in Comunità conoscevo il carcere solo attraverso i racconti di alcuni ragazzi che parlavano di una realtà solo apparentemente molto lontana. Nell’immaginario comune il carcerato viene spesso rappresentato come un uomo pericoloso/violento che afferra le sbarre gelide e arrugginite in una piccola stanza umida e spoglia. Ma nella realtà è così? Eppure solo trovandomi all’interno di quel contesto ho compreso quanto siano pesanti alcuni pregiudizi. Riporto una frase detta da un detenuto dopo un breve scambio: “sono un delinquente mica un maleducato”. Queste poche parole mi hanno fatto pensare molto. Cosa c’è dietro tutto questo? Quanto è difficile provare a pensare che un delinquente sia anche una persona? Che forse proprio come tutte le altre aveva sogni e desideri bruciati per un gesto commesso per motivi magari non giustificabili, insensati, inspiegabili oppure dettati da una realtà poco favorevole ma che resta pur sempre uno sbaglio.

Questo progetto nasce dall’idea di creare uno spazio esperienziale rivolto a soggetti fragili, reclusi presso la Casa Circondariale “Don Fausto Resmini” di Bergamo al fine di valorizzare le risorse personali residue.

Provate ad immedesimarvi in un detenuto ed immaginarsi magari di avere dei figli che aspettano il vostro ritorno per potervi riabbracciare, o al contrario una famiglia che non crede più in voi stessi e che vi ha abbandonato nella vostra solitudine. Come ci si può sentire? Quali sono le parole giuste che potrebbero confortarvi? Come vi si può aiutare a pensare che ci sia ancora un futuro?

Qualcuno vi guarderà sempre con diffidenza, il mondo vi considererà sempre di troppo e a fatica dimenticherà ciò che avete fatto, e voi dovrete essere abbastanza forti per superare le tentazioni per non ricadere negli errori del passato, ma anche abbastanza forti per capire e buttarsi quello stesso passato alle spalle, tornando a vivere come attori positivi all’interno della società.

Con questo non voglio giustificare le azioni che hanno portato un individuo in carcere, scaricando la responsabilità di ciò sulla società che lo circonda, proprio perché penso che tutti possano sempre scegliere ed ognuno ne è responsabile. Eppure sbagliare è così facile.

Il tempo e lo spazio all’interno di quel luogo inconsueto assumono significati molto distorti da quella che è la nostra realtà. E paradossalmente prima di iniziare a lavorare a questo progetto, così, senza pensarci troppo, la prima cosa che ho fatto è stata quella di acquistare un orologio. Uno di quelli che ormai non compra più nessuno. Nell’era degli smartwatch avere un orologio analogico ti fa in un qualche modo tornare indietro negli anni. Ed è così quando si entra in carcere, il tempo è fermo, gli arredi sono gli stessi probabilmente dagli anni ottanta, gli sguardi delle persone non sanno più vedere lontano, forse perché è meglio vivere la giornata o forse perché le sbarre a la rete delle finestre non permettono di guardare il cielo. Non esistono feste, non esistono natali, non esistono compleanni. Tutto naviga intorno ad un piattume. Qualcuno sa riempire lo stesso il suo tempo, qualcuno sta in branda, qualcuno litiga con la guardia di turno solo per movimentare la giornata. Anche gli odori e i rumori sono singolari. L’aria sa di chiuso, le chiavi stridono, i cancelli si sbattono e la porta blindata ha il suo peso.

Svolgiamo le nostre attività all’interno di una piccola stanza, che vuole essere uno spazio “altro” rispetto all’esperienza carceraria in cui potersi esprimere, elaborare esperienze dolorose ed usare le energie residue per poter rinforzare le proprie parti sane. Questo servizio è rivolto sia a uomini che a donne e durante la settimana ci si sperimenta in laboratori artistici, creativi, espressivi. Consapevoli che non è tanto il fare ma l’esserci che assume significato.

Ogni giorno passato in carcere è un giorno importante. Tutte le volte che mi affaccio alla finestra di quella piccola stanza guardo gli alberi. Anche loro soffrono. Godono della luce del sole solo da un lato. Dietro di loro c’è un alto muro di cemento che impedisce ai raggi di illuminarne una parte. Quel lato nascosto che tutte le persone hanno o che tengono per sé anche se è quello che avrebbe più bisogno di luce e cura. Mi piace pensare ai ragazzi come se fossero quelle querce e provare ad illuminare quella parte in ombra.

 

Moira M., educatrice presso il Centro Diurno sperimentale nel  carcere di Bergamo

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Da settembre 2022 la Cooperativa Sociale Gasparina di Sopra è capofila di un progetto sperimentale per la realizzazione di un Centro Diurno rivolto a persone con particolari fragilità detenute nel carcere di Bergamo. Il progetto è sviluppato insieme ai partner Cooperativa di Bessimo, Cooperativa Sociale Il Pugno Aperto, Cooperativa Impresa Sociale Ruah e Cooperativa Totem in collaborazione con la direzione e il personale dell’Istituto Don Fausto Resmini di Bergamo.