Odio di Cuore: pensieri e note sulla colonna sonora dell’estate in Gasparina

Odio di Cuore: pensieri e note sulla colonna sonora dell’estate in Gasparina

Per i corridoi della comunità è molto frequente sentire pezzi di musica trap, forse il genere più ascoltato dai ragazzi in percorso: tanti giovani, tutti che bene o male il mondo raccontato dalla trap l’hanno un po’ vissuto sulla propria pelle. Quest’estate la musica non è cambiata. Ma le parole sì. Il tormentone che esce dalle finestre non è quello del dj dell’ultima ora ma è la voce di Luca, e di Emanuele, e di Mohamed. E il testo è proprio quello che hanno scritto insieme ai loro compagni di percorso: ci sono le parole di Andrea, Pierluigi, Emmanuele, e di Nicholas, Naufal e Pietro; ma anche le parole di Pietro, Giancarlo e Patrick, Davide, Marco e Simone. E una parola ce l’ha messa anche Davide, una sola, ma c’è! Quest’estate il tormentone è Odio di Cuore, il brano creato e interpretato dagli ospiti della Comunità Terapeutica Gasparina in occasione del 26 giugno, giornata mondiale contro l’abuso e il traffico illecito di droga. 

 

Odio di Cuore raccontato dai protagonisti

 

Sono passati quasi due mesi dal lancio di Odio di Cuore, ma qui il 26 giugno è tutti i giorni. Le emozioni che accompagnano quell’esperienza e quelle parole sono ancora vivacissime. Oggi ce lo raccontano proprio loro, i protagonisti di questa bella storia, i protagonisti della loro storia! 

Andrea: «La musica trap è per antonomasia il genere che rimanda a un mondo fatto di eccessi e situazioni border line. Usare quello stile per raccontare il nostro percorso di rivalsa è stato un po’ come smontare uno stereotipo. Il processo creativo è stato molto coinvolgente. Sono molto soddisfatto del prodotto finale, sia per l’impegno personale che ci ho messo, sia perché credo che il risultato sia tecnicamente buono». 

Il laboratorio è partito da un brainstorming intorno al tema “essere contro la droga”. Scoperchiato il vaso di pandora le parole condivise dal gruppo sono state tante. Ciascun ospite è stato invitato a sceglierne una e a trasformala in un acrostico, con l’obiettivo di provare poi a raccogliere quei microtesti in un componimento di senso più ampio. Fatto sta che ciascuna di quelle parole ha aperto mondi, e nei confini di un acrostico un mondo non ci sta, nemmeno se l’acrostico è quello di una parola lunga lunga. Ognuno dei ragazzi si è presentato con pagine scritte fitte, dense di testo, ricordi, vita. Pelle d’oca.  

 

 

Un’esperienza dalla valenza terapeutica

 

Quelle tracce sono state un segnale forte rispetto all’importanza, anche sul fronte terapeutico, del lavoro che si stava portando avanti. La necessità di fare sintesi di quelle parole ha portato a rilanciare la sfida per i ragazzi. «Se inizialmente il timore era quello di non riuscire a raccogliere materiale sufficiente, in realtà abbiamo poi riscontrato la difficoltà opposta. È stato difficile assemblare il testo finale perché i contenuti erano tantissimi!» spiega Luciano, uno degli educatori che ha accompagnato il gruppo. E Emanuele, alla voce, conferma: «Alcune parole le sentivo talmente mie che lasciarle andare è stato davvero faticoso. Ma componendo il testo ci siamo resi conto che quelle che stavamo condividendo erano in fondo esperienze e vite comuni. Sentire di non essere da solo, oltre alla volontà di includere ciascuno di noi, anche solo con una parola, è stato così forte che mi ha aiutato a sbloccarmi». E questo è proprio stato uno dei sentimenti prevalenti: «è stato difficile scrivere le mie emozioni, ma i compagni mi hanno aiutato molto a raccontarmi» dice Mohamed, e Davide: «lavorare con il gruppo è stata la parte più bella. Ho scritto una sola parola, ma vederla inserita nel testo è stata una grande soddisfazione, mi ha fatto sentire preso in considerazione».   

Un percorso faticoso, quindi, quello di Odio di Cuore. Specialmente nei primi passi, quando l’idea di raccontarsi può generare disagio. E poi il percorso che gradualmente si delinea: «Non credevo che saremmo riusciti ad arrivare al punto di produrre una canzone vera e propria. Poi un giorno ho sentito Luca che stava cantando le nostre parole davanti a un microfono e lì ho capito che “La stiamo cantando veramente!” E allora ho deciso di esserci al cento per cento, mettendoci la faccia, anche per dimostrare che credo davvero in quello che sto facendo, in questo percorso. È stato un pieno di emozioni. E sono orgoglioso: a 51 anni è stata un’opportunità perché nel nostro piccolo abbiamo potuto fare qualcosa per aiutare qualcun altro».

Le potenzialità del lavoro fatto toccano, infatti, anche a un altro grosso tema, quello della prevenzione delle dipendenze. Parlare delle sostanze e dei loro effetti con un linguaggio che è nelle corde di un pubblico perlopiù giovane e giovanissimo può essere un modo più efficace di altri per accendere i riflettori sull’argomento e sensibilizzare quelle fasce d’età.  

 

 

Il 26 giugno ogni giorno: un percorso difficile ma possibile!

 

Un’onda lunga, quindi, quella che questa esperienza lascia dietro di sé, per gli ospiti e non solo. Con le parole di Luciano: «I ragazzi si sono esposti, è stato importante. Quando un pensiero o un’emozione vengono agiti, messi in scena, quel pensiero e quell’emozione diventano uno spettacolo, diventano riproducibili, cioè riescono ad essere sempre attuali». Non solo una bella esperienza, ma un vero e proprio strumento nelle mani di chi ha preso parte al progetto: «Gli educatori spesso ci esortano a non concentrarci sulle nostre mancanze ma a focalizzarci su quello che siamo in grado di fare, su quello che possiamo dare. Con Odio di Cuore ho davvero sentito una grossa carica, un senso di rivalsa. A 41 anni è stato un po’ come rinascere. E se sono riuscito a fare una cosa così, allora ho anche la possibilità di portare a termine anche un percorso come quello della comunità» racconta Emanuele. E Pier sulla stessa linea: «Questa esperienza la porterò con me per il resto dei miei anni. Se dovessero capitare dei momenti brutti potrò sempre rivedere questo video e ricordarmi di un momento della mia vita in cui stavo davvero bene, e questo mi aiuterà a risollevarmi». 

Del resto il percorso ha smosso sentimenti contrastanti: le emozioni belle sono state accompagnate dal ricordo di trascorsi di sofferenza, non luoghi comuni ma vissuti reali. Odio di Cuore riesce a raccogliere e trasmettere tutti questi sentimenti con grande lucidità e naturalezza. La stessa che durante il percorso gli ospiti riscoprono e rimettono nelle loro azioni quotidiane: la cura dell’orto, della casa, la cura di sé e la cura per l’altro; dire le proprie emozioni e provare a restituire un’aura di senso e buona normalità alla propria storia.   

 

E adesso che vi abbiamo raccontato tutto questo non resta che indossare le cuffie, cliccare QUI, e ascoltare, riascoltare e riascoltare …